Siamo a 24 ore da gara 6 delle Finals di quest’anno. Finali che sono state, a mio modo di vedere, davvero davvero belle ed emozionanti, ma è un commento che si potrebbe allargare a tutte le serie di playoff.
Si sono rivisti gli attacchi spettacolari delle squadre dell’ovest, le loro transizioni per aprire a una pioggia di triple e le difese spigolose e il gioco fisico dell’est.
Il tutto con le migliori rappresentanti delle due categorie a spartirsi il premio finale.
Fin qui tutto bene.
La cosa che mi sorprende, però , è l’affannosa ricerca di una storia da raccontare e, peggio ancora, del visualizzare questo eventuale titolo con la conferma di alcune teorie o la smentita di altre.
Si affronta San Antonio, la squadra di gregari, la piccola cittadina, lo scouting avanzatissimo, contro Miami, la città dei Big Three, uno dei mercati più grandi d’america, lo strapotere atletico e fisico, la casa del miglior giocatore ad oggi.
Due franchigie che si affrontano come lo scontro tra due culture diverse, quasi come se i samurai affrontassero i transformers.
Per San Antonio questo titolo sarebbe la ciliegina sulla torta di altre storie.
Innanzitutto il quinto della gestione Duncan-Popovich a distanza di 14 anni dal primo, il che farebbe di loro la franchigia più vincente e continua della storia recente del gioco.
Sarebbe il quinto titolo di Tim Duncan che sarebbe così definito all’unanimità la miglior ala grande della storia e il giocatore più forte della sua generazione, raggiungendo l’altro a cinque anelli.
Sarebbe la conferma di come Tony Parker sia al momento attuale il miglior playmaker del pianeta, che anche se non registra 10 assist a partita trovatelo voi un giocatore che fa girare così bene un attacco e condiziona così pesantemente una difesa. E in ogni caso il suo Pick&Roll è migliorato tantissimo.
Sarebbe il titolo di Ginobili, in barba a chi gli dava del finito 48 minuti di gioco fa. Sarebbe l’ennesima conferma di come quel carattere spiccatamente argentino facesse da cornice ad una carriera di resistenza e tenacia costante, la storia di un giocatore che era imprendibile ed ora è saggio come un maestro Jedi.
Uno scivolato alla penultima posizione del draft e su cui San Antonio ha speso il gettone e aspettato la maturazione.
Sarebbe il titolo di Green, scartato da Cleveland e diventato micidiale alle finali (ma anche prima), e Neal. Di Bonner, di Splitter e di tutti gli altri miracoli di scouting e lavoro costante.
Sarebbe forse il titolo di Kawhi Leonard, e di come 13 squadre prima di loro si sono fatte bellamente ingannare da dove giocava piuttosto che come giocava o come poteva giocare.
Forse il miglior difensore 1vs1 sugli esterni già oggi, il collante perfetto con la sua fisicità tra i gregari e i veterani di quella squadra.
Sarebbe il titolo di Gregg Popovich, di quel simpatico mattacchione che la spiega ancora a chiunque in questo sport. Tra gli allenatori vincenti l’unico che ha saputo piegare il suo sistema alle esigenze della squadra e non viceversa rendendolo, ai miei occhi, il migliore. Di sempre.
Dall’altra parte c’è Miami, e questo titolo per loro sarebbe ancora di più una conferma.
Sarebbe il titolo dei Big Three, di come tre giocatori di isolamento abbiano saputo trovare una dimensione per vincere assieme, di come delle stelle si siano “ridotte” a fare i secondi o i terzi per vincere, accontentandosi di qualche spicciolo in meno, ma per vincere e tanto assieme.
Sarebbe il secondo titolo in tre anni della loro era, una costanza quasi senza precedenti.
Sarebbe il titolo di Spoelstra, sarebbe la conferma di come non sia affatto un fantoccio di Riley ma che forse, per aggiustamenti e tattica, ci capisca perfino di più del suo mentore anche se molti gli puntano il dito addosso.
Sarebbe la ciliegina sulla torta di tante cose, del come 27 vittorie di fila, 3 finali consecutive e molto altro sarebbero tutt’altro che scontate, anche se hai LeBron, anche se hai 3 stelle. Perchè quando si fanno questi discorsi ci si dimentica sempre di tutti gli altri allenatori, anche più quotati di Spo, che hanno fallito e ancor più miseramente di lui.
Sarebbe il titolo di Wade, che ha deciso di fare il secondo in casa sua, che anche con un ginocchio messo insieme con i lego sa ancora dominare sui due lati del campo e resta una delle migliori guardie della sua generazione.
Sarebbe il titolo di Bosh, del fare di necessità virtù, del come sia migliorato lontano da Toronto, nonostante le critiche e il cosa si voglia vedere.
Sarebbe il titolo di Chalmers, Miller, Battier, Haslem, Cole e gli altri. Perchè i gregari sono tali finché il pallone non arriva in mano loro, poi dimenticatevi pure il vostro ruolo, perché quando il raddoppio arriva da un’altra parte e il pallone finisce in mano tua c’è gregario e gregario. E questi sono tra i migliori gregari dell’era moderna.
Sarebbe il titolo di Ray Allen, che ha scelto la strada dell’impopolarità per vincere ancora. Ma sarebbe la conferma che sebbene il record di tiri da 3 in una stagione e in una finale siano ormai stati cancellati un professionista così devo ancora vederlo arrivare.
E infine, ma non meno importante, sarebbe il titolo di LeBron. E qui più che mai sarebbe la conferma di qualcosa.
Perché nessuno prima di lui giocava come gioca adesso e mai dal dopo Shaq un giocatore sposta così tanto l’asticella di favoriti in una squadra quanto lui.
Perché sarebbe la conferma di come l’aggettivo dominante non sia mai stato messo in modo sbagliato, sarebbe il punto in fondo alla frase “il più forte giocatore del mondo” e la cosa più vicina a Michael Jordan da quando Michael Jordan si è ritirato.
Insomma: un anello per domarli tutti, come direbbe Tolkien. Un anello per definire una volta per tutte le cose scritte qui sopra.
Ma la verità, che vi piaccia o meno, è che tutto ciò che è scritto qui sopra, è vero già adesso.
La verità è che, indipendentemente da chi vincerà queste finali, nessuna delle cose di cui sopra sarà meno vera di quanto lo è in questo istante.
Quindi mettetevi l’animo in pace e buoni ultimi minuti di NBA per questa stagione a tutti.
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"Insomma: un anello per domarli tutti, come direbbe Tolkien. Un anello per definire una volta per tutte le cose scritte qui sopra.
Ma la verità, che vi piaccia o meno, è che tutto ciò che è scritto qui sopra, è vero già adesso.
La verità è che, indipendentemente da chi vincerà queste finali, nessuna delle cose di cui sopra sarà meno vera di quanto lo è in questo istante.
Quindi mettetevi l’animo in pace e buoni ultimi minuti di NBA per questa stagione a tutti."
Il miglior sito italiano sull'nba in attesa dell'ultima (o ultime due) partita di quest'anno
abbeveratevi
non cantare vittoria troppo presto. …
io parlavo del pezzo fabio, vincere vince miami temo..